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marketing

Chief Storyteller
Fare carriera nel digitale

Chi è il Chief Storyteller e qual è il suo ruolo in azienda?

by Andrea Bettini 25 Settembre 2020
by Andrea Bettini

Scopri di cosa si occupa il Chief Storyteller e perché è una figura essenziale anche per le piccole e medie imprese.

Se sai chi è Steve Clayton sei già su una buona strada. Se così non fosse non è un problema. Te lo presentiamo noi e soprattutto ti spieghiamo perché c’è bisogno di figure come la sua nelle tante piccole e medie imprese italiane.

Steve Clayton non è il nuovo playmaker dei Los Angeles Lakers. Steve Clayton non è nemmeno il quarterback dei New England Patriots. Steve Clayton invece è il Chief Storyteller e Responsabile del team Immagine e Cultura di Microsoft. Qual è il suo compito? Come lui stesso dice: “Io insieme al mio gruppo di lavoro, ci occupiamo di raccontare Microsoft, non di vendere prodotti”.

Steve Clayton al Ted Talk di Liverpool

Perché è interessante e soprattutto è utile una funzione come quella di Clayton? Per una serie di motivi che abbiamo cercato di sintetizzare in cinque punti.

1.Le imprese sono storie.

Un’impresa non nasce solo per fare cose e/o servizi. Un’impresa ha un motivo molto più profondo che spesso ci cela nel desiderio del suo fondatore, ma che poi diventa di proprietà anche in coloro che l’impresa la portano avanti in quello che viene definito processo evolutivo. Il lasciare un segno tangibile della propria esistenza terrena, può essere uno dei buoni motivi che spinge un’organizzazione a costituirsi. Motivo che poi viene sostenuto quotidianamente da un lavoro ben fatto e una passione che ne alimenta le singole azioni. Bene, questo va raccontato. Va raccontato in maniera coerente. Va condiviso con tutti gli stakeholders di un’impresa. Il Chief Storyteller si occupa di questo.

2.Un’impresa oggi deve essere attrattiva

Se “la differenza la fanno le persone” è un assioma ancora oggi valido, significa che un’impresa deve riuscire ad attrarre persone in gamba e in grado di apportare il proprio contributo allo sviluppo dell’impresa stessa. Per aiutare in questo e per far sì che soprattutto giovani talenti, abituati a repentini cambiamenti, diventino protagonisti attivi di questo processo, è necessario riuscire a trasferire in maniera efficace il perché anche un nuovo arrivato può essere fin da subito protagonista di questa storia imprenditoriale. Il Chief Storyteller si occupa di questo.

3.Verso un’impresa empatica.

Quando parliamo di narrazione non si può non far riferimento al concetto di empatia. L’empatia è alla base del racconto. L’empatia è alla base delle emozioni. Se un’impresa riesce ad agganciare emotivamente il suo pubblico, non avrà più consumatori, ma sostenitori. È un cambio di paradigma, ma mai come oggi questo diventa fondamentale soprattutto verso le nuove generazioni di clientela. Un’impresa empatica è quella che riesce a trasferire quello che c’è oltre a un logo. La capacità di andare in profondità del proprio essere e trasferire il proprio sistema valoriale. Il Chief Storyteller si occupa di questo.

4. L’identità di un’impresa non è da dare per scontata.

Siamo passati dall’era del sottocosto a quella della qualità garantita. In tutto ciò spesso viè l’utilizzo non sempre appropriato di un tricolore italico garante di un Made in Italy, più sventolato che realmente interpretato. Ma se oggi la qualità viene data per scontata e il Made in Italy è il nostro brand di un’eccellenza nel fare le cose, non è sufficiente proclamarsi paladini della qualità assoluta e custodi di un’eredità artistica. Occorre trasferire l’effettiva identità che c’è dietro ad ogni singola impresa. Un’identità fatta di diversi elementi: persone, territorio, tradizione e cultura nel fare impresa. Il Chief Storyteller si occupa di questo.

5. Sentirsi parte di una storia comune.

È un po’ la chiusura del cerchio. Riprendendo il primo punto è la circolarità del racconto. La narrazione non va imposta. La narrazione richiede ascolto e rispetto. Una buona narrazione si basa sulla fiducia. Una narrazione efficace è solo ed esclusivamente quella che è in grado di trasferire in maniera coerente l’anima di un’impresa. Solo così non ci può essere manipolazione, ma espressione naturale di ciò che si è. Solo così tutte le persone appartenenti ad un’impresa possono ritenersi parte di una storia comune. Il Chief Storyteller si occupa di questo.

Perché ci auspichiamo che ci possano essere tanti Steve Clayton anche nelle piccole e medie imprese italiane? Perché vorrebbe dire che il cambiamento intrapreso nel fare impresa ha colto l’importanza nel dialogare con le proprie persone. Dove vengono meno le classificazione tra B2B e B2C, ma si ragiona in un’ottica di H2H Human To Human.

Prima di salutarci…

Se t’interessa saperne di più di come si può diventare un Chief Storyteller o se vuoi migliorare le tue competenze di Designer all’interno di un’impresa narrativa, ti consiglio di dare un’occhiata al nuovo percorso online in Brand Storytelling e Digital Copywriting di Lacerba e di cui sono uno dei docenti insieme a Francesco Gavatorta, Davide Bertozzi e Alberto Maestri.

25 Settembre 2020 0 commenti
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Come fare Storytelling
Creare business

HyperContent: l’unica via per progettare contenuti rilevanti e memorabili

by Alberto Maestri 11 Settembre 2020
by Alberto Maestri

L’importanza dei contenuti per la comunicazione, il marketing e la vita (professionale) del Marketer

Sappiamo ormai molto bene cosa intendiamo quando parliamo di content marketing: l’affiancamento alla produzione di beni e servizi di un’attività sistematica di creazione, editing e distribuzione di contenuti che avvicina le aziende all’attività delle media company. 

I contenuti sono oggi alla base di tutto,

e non devi fare l’errore di pensare che siano solo digitali: anche perché tutti noi, siamo utenti e consumatori omni-canali.

In effetti, i contenuti sono alla base della progettazione di:

  • esperienze memorabili, che hanno bisogno di punti di contatto (touch point) e – appunto! – contenuti per fare presa sull’audience. Non a caso, all’interno del loro bestseller Experiences. The 7th Era of Marketing, esperti globali del calibro dell’amico Robert Rose e di Carla Johnson hanno introdotto il tema delle esperienze abilitate dal contenuto (content-driven experiences). 
  • storie memorabili. Non dimenticarlo mai: per fare davvero presa, i contenuti devono avere un DNA narrativo. In inglese, devi progettare story-driven contents. Devono essere conflittuali, parlare alle persone che li fruiscono (tutti leggiamo con più piacere qualcosa che in qualche modo parla al nostro vissuto), proporre linguaggi e mondi in contrapposizione, avere una propria forma ben distinta. A proposito, di forme, se vuoi partire dal disegno di una storia formidabile, ti consiglio questo breve video del maestro Kurt Vonnegut che parla proprio della forma delle narrazioni. 
  • brand memorabili. Se ti dico Red Bull, che cosa ti viene in mente? Immagino un sacco di cose, dalle lattine agli sport estremi. In effetti, per Red Bull i contenuti hanno permesso di abilitare una strategia di diversificazione del portafoglio di prodotti e servizi complessa, iper-targettizzata per ogni specifica nicchia di audience. La vera magia che sta oggi nella strategia di Red Bull è che l’azienda può vendere probabilmente ciò che vuole, a chiunque. Ha una marca talmente forte e legata alla propria audience che anche se iniziasse a distribuire vestiti, tavole da surf o addirittura biciclette, avrebbe probabilmente successo.

Progettare contenuti ‘IPER’

In Content Evolution, la Nuova Era del Marketing Digitale, il libro che ho scritto nel 2015 insieme a Francesco Gavatorta, abbiamo parlato di iper-contenuti.

Gli iper-contenuti, che abbiamo battezzato HyperContents, sono tutti quei contenuti che risentono fortemente dell’utilizzo che facciamo degli smartphone; proprio per questo, essi non rientrano in una determinata forma definita e pre-confezionata dal professionista di content design indipendentemente dalle peculiarità di chi li fruirà, ma trovano piuttosto senso, ‘chiusura’ e compimento anche nella relazione che si instaura con lo spazio e il tempo circostante, ovvero con il contesto in cui l’utente è calato. Contenuti, certo: ma che nascono prima di tutto dall’esperienza personale, e risultano dunque amplificati nella loro forma.

Sempre insieme a Francesco abbiamo anche provato a definire la formula operativa utile alla progettazione di HyperContents efficaci, composta dai tre elementi che ho appena citato: spazio/tempo, device, attività dell’utente (fig. 18).

  1. Spazio/tempo: la prima condizione per la creazione di iper-contenuti consiste nella considerazione della dimensione spazio/temporale dell’utente, come ad esempio il suo passaggio all’interno di un determinato luogo e/o durante una specifica fascia oraria (una strada, una piazza o un negozio, in pieno giorno o di notte). L’accento è sulla ri-modellazione della fruizione dell’esperienza in funzione del profilo personale, a condizione (naturalmente) che lo strumento con cui la stessa persona si connette e le logiche immersive di progettazione della narrazione di marca permettano l’interazione con la dimensione più personale.
  2. Device: il device – in particolare lo smartphone – è una variabile indispensabile, una vera e propria leva propulsiva della nuova narrazione di marca. Se veicolate da mobile, anche le più semplici call-to-action risultano immediate e limitate nel tempo, nonché relazionate con molte altre dimensioni strettamente legate al tempo e al luogo di fruizione.
  3. Attività dell’utente: unico termine non ancora definito durante la trattazione del testo, con cui intendiamo l’azione-obiettivo attraverso cui il brand e l’azienda desiderano attivare e stimolare il singolo individuo.

Per concludere con un esempio, pensa al fenomeno Pokémon Go, che fino a pochi anni fa teneva incollati al proprio smartphone milioni di persone in tutto il mondo. Un’applicazione dove spazio/tempo, device e attività dell’utente sono risultati proprio gli ingredienti fondamentali che l’hanno resa un fenomeno di marketing digitale rilevante. L’app permette al giocatore di catturare Pokémon esplorando luoghi reali attraverso la realtà aumentata, interagendo con gli spostamenti della persona accompagnandola ovunque e garantendo così la possibilità di giocare senza limiti. Non è sbagliato affermare che tempo e spazio, se uniti alla rete grazie ai media digitali e all’attività degli individui, generano una nuova forma di contenuto immersivo e personalizzato, unico nel suo genere: un HyperContent, appunto.

E tu, vuoi progettare ipo-contenuti, ossia contenuti senza rilevanza per la tua audience, oppure iper-contenuti?

Un invito prima di salutarci

Ci tenevo a farti sapere che è uscito su Lacerba il nuovo percorso online in Brand Storytelling e Digital Copywriting, di cui sono coordinatore scientifico. Insieme a me hanno partecipato alla realizzazione di questo percorso anche Francesco Gavatorta, Andrea Bettini e Davide Bertozzi.

Se l’argomento ti intriga di invito a scoprire la pagina del percorso.

11 Settembre 2020 0 commenti
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come tracciare i dati del tuo business
Creare business

Come tracciare i dati del tuo business: guida pratica

by Alessandro 8 Luglio 2020
by Alessandro

Processo, strumenti e metriche per crescere nel digitale attraverso l’analisi dei dati.

corsi online per aziende

INDICE

  • Introduzione
  • Il processo: come raccogliere dati lungo tutto il percorso.
  • Tre strumenti fondamentali per misurare i dati
  • Quali metriche tracciare: alcuni esempi
  • Conclusioni: “Tortura i dati”
  • I corsi che ti consigliamo

Introduzione: perché è importante tracciare i dati del tuo business?

Fare digital Marketing oggi significa molte cose: comunicare attraverso i social network, diffondere video virali, incappare in epic fail ed epic win, beccarsi una “shitstorm” o commenti sprezzanti di leoni da tastiera, lanciare un trending topic su Twitter, ma soprattutto significa diventare abili Einstein in grado di osservare, comprendere e utilizzare i dati. 

Oggi tutti noi abbiamo infatti accesso a una quantità enorme di big data che aziende e consumatori generano in ogni momento e che possiamo tracciare e analizzare. Come può allora il tuo progetto imprenditoriale trarne vantaggio? 

Nel momento in cui decidi di avviare una tua attività online ti accorgerai che essa genera dati. La grande sfida per chi fa impresa non è però solo quella di raccogliere questi dati, bensì prendere decisioni a partire da essi. Affinché il tuo progetto possa svilupparsi devi poter sempre imparare da ciò che analizzi: questa è l’unica soluzione per crescere, altrimenti sarebbe come vagare nella giungla senza mappa né bussola.

Ogni business è diverso dagli altri ma, come sempre quando si parla di digital, la risposta sta nel mezzo: tutto dipende dal business in cui operi, dal mercato, dal tuo prodotto, dai tuoi clienti, dalla cultura aziendale e da quella del paese in cui operi. Ciò che invece non cambia è il processo, la mentalità data-driven necessaria per fare Digital Marketing. 

In questo articolo ti parlerò di processo, strumenti e metriche applicate al caso reale della nostra scuola online, cercando di fornire spunti utili per la tua attività.

Il processo: come raccogliere dati lungo tutto il percorso.

Ogni azienda attraversa varie fasi della propria vita: da startup, a scaleup (una scaleup è una società innovativa più “matura” di una startup), fino alla costituzione di un’azienda strutturata. In questo percorso di crescita i dati generati dal prodotto la fanno da padrone e il focus sui di essi è essenziale per comunicarne il valore nel mercato. Vediamo l’esempio di Lacerba.io.

Agli inizi, quando avevamo capito che vi era necessità di fornire formazione pratica su competenze digitali in lingua italiana, abbiamo intervistato quelle persone che più avevano una necessità di formazione, ovvero gli imprenditori, per comprendere prima di tutto quali fossero le loro aspettative, comportamenti e problemi. Abbiamo delineato sempre meglio il bisogno a cui volevamo rispondere ed è così che abbiamo generato le prime metriche, ricavando quei dati che ci hanno consentito di costruire il prodotto. Riesci a vedere come dati e prodotto sono profondamente legati?  

Se sei all’inizio di un progetto ogni minimo feedback è importante, soprattutto è fondamentale ciò che le persone ti raccontano. Questi dati qualitativi ti permettono di costruire il primo prodotto/servizio, o eventualmente abbandonarlo (sempre meglio che dopo avervi investito tempo e denaro, no?). Se ti interessa scoprire come abbiamo realizzato il nostro MVP attraverso queste interviste, leggi anche il nostro articolo STARTUPSERIES 1 sempre sul nostro Blog.

Un’azienda in crescita dovrebbe dedicare le proprie energie alla sperimentazione continua. Lacerba ha sperimentato molto evolvendo il proprio modello di business e individuando nuovi stakeholders utili. Abbiamo acquisito nel tempo sempre più utenti e abbiamo iniziato ad analizzare la loro interazione con il prodotto. Ci siamo allora domandati: “Come acquisiamo i nuovi utenti?”, “Come studiano i nostri utenti (leggi anche “Come usano il mio prodotto?”)?”, “Quanto spesso lo fanno?”, “Quante volte ritornano (se ritornano)?” Se ti interessa la fase di ricerca sul target abbiamo parlato del processo di costruzione delle Buyer Personas nell’articolo STARTUPSERIES 4.

Nel momento in cui il nostro prodotto era online dovevamo capire se gli utenti si comportavano o meno come avevamo ipotizzato inizialmente. Nel momento in cui un cliente entra in contatto con te, entra anche nel cosiddetto “funnel”, l’imbuto concettuale che definisce le varie fasi della sua esperienza. Ha senso dunque individuare, per ogni fase del funnel la cosiddetta “OMTM” (One metric that matter), la metrica più importante per stabilire come sta andando il tuo business. Ciò che devi fare è ottimizzare quella metrica. Qual è questa metrica? Attendi qualche riga e troverai alcuni esempi.

Una volta individuate le metriche che contano davvero per il tuo business, sarai in grado di lavorare sulla variabili per far crescere la tua azienda. Facciamo un esempio: mettiamo tu voglia monitorare quanto spendi per avere un nuovo utente pagante, il cosiddetto Costo di acquisizione. Se riesci a diminuire questo costo, vuol dire che hai trovato un modo più conveniente per attrarre una persona disposta a comprare il tuo prodotto. Stai crescendo, perché stai spendendo meno e hai più margine sul tuo prodotto o servizio. 

La spesa per acquisire un nuovo utente su Lacerba era molto più alta all’inizio di quanto non lo sia oggi, ma l’evoluzione positiva del costo di acquisizione nel tempo è stata per noi un indicatore importante. Come mai questo è avvenuto? Per tanti motivi, grazie ad esempio ai contenuti di qualità, grazie a un sito più user friendly, grazie a una crescita del brand stesso, tramite il passaparola. Tutti questi fattori sono accomunati da un elemento: essi acquisiscono senso solo se vengono misurati e tracciati.

Se ti interessa la fase strategica per delineare le metriche fondamentali del tuo business, guarda anche l’intervista al nostro CEO, Michele Di Blasio, in cui affronta proprio questo tema.

Michele Di Blasio, CEO di Lacerba, ospite sul canale YouTube di Raffaele Gaito.

Tre strumenti fondamentali per misurare i dati

Il Mercato è pieno di strumenti utili a tracciare e analizzare dati: strumenti di tracciamento dei link, strumenti per l’analisi seo, strumenti per ascoltare ciò che si dice della tua azienda sui social. Spesso molti di questi strumenti non ti serviranno. “Less is more”. Questo “less” è formato per me da tre strumenti fondamentali che mi sento di consigliarti e che, non ci crederai, possiedi già se hai un computer. Sono programmi molto utili e alla portata di tutti per analizzare le metriche importanti.

  1. Google analytics. Lo strumento gratuito di Google è disponibile a chiunque e offre da subito varie metriche sul comportamento degli utenti, ad esempio il numero di visite, il tasso di rimbalzo (la percentuale di utenti che atterra su una pagina web e ne esce senza fare alcuna interazione), la provenienza dei visitatori, il dispositivo che utilizzano, eccetera;
  2. Microsoft Excel. Excel ti consente di prendere i dati in tuo possesso e di riorganizzarli, manipolarli e trasformarli praticamente come vuoi per estrapolare le informazioni che ti servono. Per quanto riguarda Lacerba, io utilizzo questo programma principalmente per analizzare i comportamenti degli studenti, capire quali sono i tempi medi di completamento di un corso, quali prodotti formativi vengono acquistati più spesso, conoscere il tasso di riacquisto, e molto altro;
  3. Un mio professore di statistica dell’Università disse una volta: “Se entra spazzatura, esce spazzatura”. Questa affermazione ci porta a parlare del terzo strumento che mi sento fortemente di consigliarti e di curare continuamente: il tuo database di contatti. Se sarai in grado di raccogliere i dati corretti e utili per te, allora avrai tutto ciò che ti serve per conoscere al meglio la tua audience, rispondere ai suoi bisogni e formulare ipotesi sul tipo di cliente che vuoi raggiungere. Come si fa a raccogliere i dati corretti? Domandati innanzitutto cosa vuoi conoscere, cosa è importante per te sapere, dopodiché escogita il modo più intelligente e scalabile per ottenere queste informazioni direttamente dagli utenti. Un esempio? Prova a costruire un quiz che, sotto forma di test della personalità, permette all’utente di dirti qualcosa in più su di sé. 

Dalle modalità di utilizzo del prodotto e dall’analisi dei comportamenti degli utenti abbiamo individuato alcune metriche fondamentali e importanti che, in generale, rimangono valide quando si fa impresa nel digitale. 

Un consiglio: evita a tutti i costi le cosiddette “vanity metrics”, soprattutto se stai portando questi numeri a possibili investitori. Le vanity metrics non indicano come sta andando veramente il tuo business e come si evolverà, sono metriche che non restituiscono, né a te, né a chi vuole investire nel tuo progetto, alcuna informazione utile. L’esempio classico è il numero di piace sulla pagina facebook: che cosa dice questo numero riguardo al tuo modello di business o a come monetizzi con il tuo prodotto o servizio?

Ecco alcune metriche molto interessanti che penso potranno essere utili anche per il tuo business.

CAC (Customer acquisition cost)

Se vuoi crescere e rendere sostenibile il tuo business devi acquisire nuovi utenti. Il costo di acquisizione utente calcola quanto spendi in media per ottenere un nuovo utente e, nella sua forma più semplice, è un rapporto tra importo speso e nuovi utenti acquisiti e può essere calcolato per singolo canale oppure attraverso una media generica. L’obiettivo di qualsiasi attività è naturalmente quello di abbassare il CAC. Questa metrica è importante per Lacerba perché ci indica quanto è “faticoso” far iscrivere un nuovo studente al sito e ci spinge a capire come rendere il prodotto il più accessibile possibile all’utente che vogliamo attrarre. Nel nostro caso, la presenza dei corsi gratuiti all’interno del sito ci ha aiutato a mantenere dei costi di acquisizione più bassi, in una situazione di mercato molto competitiva che fa aumentare inevitabilmente i costi (se ad esempio gestisci un ecommerce e vendi prodotti di utilizzo quotidiano e del valore di pochi euro, probabilmente il tuo cac sarà relativamente basso perché il prodotto è maggiormente alla portata dell’utente medio). Ancora una volta: metrica e prodotto viaggiano insieme.

CLV/LTV (Customer lifetime value/Lifetime value)

Questa è una metrica di engagement molto importante per un prodotto formativo come quello di Lacerba. Il Customer lifetime value indica quanto vale per te un utente nel tempo e calcola l’importo totale in termini di transazioni che egli ti porta prima di andarsene (sì, un utente potrebbe prima o poi scocciarsi o preferire un competitor). In questa metrica sono coinvolte altre due metriche, il tasso di fidelizzazione (quanto in media un utente rimane fedele al tuo brand) e il guadagno che porta nel tempo. Questo indicatore è strettamente legato al prodotto che può avere un ciclo di vita più o meno lungo, a seconda del tipo, del costo, delle modalità di utilizzo. Nel nostro caso è importante capire se uno studente studia su Lacerba one shot o se invece ritorna e dopo quanto tempo. Questo ci permette di comprendere se la direzione che abbiamo voluto dare al nostro prodotto è percepita e condivisa dagli studenti e capire come aumentare il più possibile il valore del LTV. Lacerba lo fa attraverso l’orientamento nello studio e suggerendo percorsi più completi e correlati che lo studente può seguire nel tempo.

Churn rate (Tasso di abbandono)

“Ogni quanto uno studente studia su Lacerba?”, “Dopo quanto possiamo considerarlo inattivo?” Da domande come queste abbiamo compreso che individuare il tasso di abbandono è fondamentale per capire quanti utenti non sono soddisfatti del prodotto. Tale metrica indica il numero di utenti che smettono di usare il tuo prodotto o servizio e dipende dalla frequenza di utilizzo che, a sua volta, dipende dal tipo di prodotto. Facciamo un esempio: se sei Uber non ti aspetti che un utente prenoti una corsa al giorno, quanto piuttosto una volta a settimana. Se sei Uber, controllerai ogni quanto in media un utente utilizza il prodotto e, se troppi utenti si allontanano dalla media, starà a te capire perché questo accade. Sii come Uber. Per Lacerba, uno studente che blocca il proprio studio per alcuni mesi, è un utente che ci abbandona. Questo ci spinge a migliorare il prodotto e a sperimentare nuove soluzioni per diminuire questo tasso.

ARPU (Average revenue per user)

Un’altra metrica che abbiamo capito essere importante è il fatturato medio per utente. A Lacerba abbiamo prodotti con prezzi molto diversi e questo indicatore ci mostra in che direzione andare per calibrare di conseguenza le spese per produrre i nostri contenuti. Abbiamo effettuato degli esperimenti su vari prodotti con vari piani di prezzo per comprendere sempre meglio fino a quanto l’utente è disposto a spendere in media e, perciò, quale valore in termini monetari egli conferisce al prodotto. In questo caso l’obiettivo finale è aumentare tale valore fino a un limite che dipende dal pubblico cui ti rivolgi e quanto esso è disposto a spendere, non solo per il prodotto ma anche per tutto ciò che vi sta attorno (servizi aggiuntivi, fiducia nel brand, customer servizio, ecc.).

5. Conclusioni: “Tortura i dati”

“Se torturi i dati abbastanza, alla fine confesseranno quello che vuoi” (Darrel Huff).

Quando hai una tua attività il grosso del lavoro risiede essenzialmente nel “torturare” i dati che essa produce nel corso della propria vita e di scovare quelli giusti: dati dei tuoi utenti, dei loro comportamenti, dati che ottieni da feedback, dalle domande e dalle risposte, dal mercato, dai competitor. Saprai che sono dati utili se risponderanno alle domande riguardanti la salute del tuo business. 

Gli indicatori che ti ho presentato sopra si adattano sicuramente anche al tuo caso. Avrai anche capito che è fondamentale raccoglierli in qualsiasi momento di vita del tuo progetto per creare un circolo virtuoso di continua raccolta e analisi.

Ciò che hai letto erano esempi riferiti al un caso particolare ma ciò che vorrei tu portassi a casa sono soprattutto la metodologia e il processo. Ora non ti resta che riprendere il tuo progetto, “interrogarlo” a dovere e tirare fuori le risposte interpretando ciò che i tuoi utenti fanno.

Che ne pensi? Qual è la tua esperienza con queste o altre metriche? Lasciami la tua opinione qui sotto nei commenti.

I corsi che ti consigliamo

Se vuoi imparare ancora di più sull’analisi dati, sia sul processo che sui metodi, ti consiglio questi corsi online su Lacerba:

Corso base di Excel – Free

Introduzione a Google Analytics e Google Tag Manager – Free

Percorso professionale Marketing analyst – (accedi con il 20% di sconto attraverso questo link)

8 Luglio 2020 2 commenti
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Fare carriera nel digitale

Outbound Marketing e Inbound Marketing: cosa sono nella pratica

by Edoardo Montesano 8 Giugno 2020
by Edoardo Montesano

Scopri cosa sono Outbound e Inbound Marketing attraverso un case study pratico.

corsi online per aziende

INDICE

  • Cosa sono Outbound e Inbound Marketing
  • L’obiettivo di campagna
  • Storyline e contenuto cardine
  • La storia deve proseguire
  • Il Chatbot: un elemento chiave
  • Un’immagine coordinata
  • Flash Sale: la fine della promozione
  • I corsi che ti consigliamo

A Lacerba adoriamo Halloween.  

Si tratta di quel momento dell’anno in cui ci divertiamo a sperimentare e a dare sfogo alla nostra creatività per sorprendere i nostri utenti con dei contenuti fuori dall’ordinario.  L’effetto che ricerchiamo è “Aspetta, ma è Lacerba questa?”. Un’altra cosa che ci piace molto è mettere subito le cose in pratica e andare al nocciolo della questione senza tanti giri pindarici.  Ecco perché in questo articolo voglio fondere divertimento e pratica per spiegarti cosa sono Inbound e Outbound Marketing, ripercorrendo step by step una delle nostre campagne di Marketing di Halloween. 

Quindi breve premessa teorica, via il dente via il dolore, e si parte. 

Cosa sono Inbound Marketing e Outbound Marketing? 

Contenuto paid vs contenuto non paid

Una prima distinzione che possiamo fare tra Outbound e Inbound Marketing è che il primo comporta un costo, ossia stiamo pagando un terzo per essere presenti nel suo spazio. Per spazio si intende i social come Facebook e Instagram, ma anche i cartelloni pubblicitari che vediamo in tangenziale mentre passiamo in macchina. 

Nel secondo caso, l’Inbound, i contenuti che produciamo sono destinati a spazi di cui noi siamo proprietari e per cui non paghiamo. Può essere il nostro blog, la nostra pagina Facebook, oppure la vetrina del tuo negozio. 

Interrompere vs attrarre

Un’altra distinzione che possiamo fare è che l’Outbound Marketing fa riferimento a quel tipo di attività promozionale più tradizionale, volta ad interrompere l’utente durante lo svolgimento delle sue attività quotidiane. Può essere la pubblicità in tv, le sponsorizzate sui social o la telefonata del call center. Attenzione, quando mi riferisco al fatto che è un metodo tradizionale, non significa che sia in disuso, anzi! Tu quante pubblicità vedi ogni giorno mentre navighi sui social?

L’Inbound Marketing è più recente invece, ed è figlio del paradigma dominante del Marketing moderno: Content is the King. Le aziende oggi cercano di intrattenere sempre di più il cliente, di divertirlo e di informarlo mettendo a disposizione la loro expertise. Con l’Inbound Marketing noi non andiamo più a cercare il nostro utente, ma facciamo in modo che sia lui a venire da noi. 

Supponiamo che ti interessi di Marketing, volevi chiarirti le idee sui concetti di Outbound e Inbound Marketing e attraverso le tue ricerche sei atterrato su questo articolo. Supponiamo adesso che questo articolo ti sia piaciuto molto -paraculata lo so- che gli metti un like e lo commenti positivamente. Nel momento in cui deciderai di fare lo step successivo, quello di passare dall’essere interessato alla materia a volerti formare effettivamente, è molto probabile che la tua mente farà questo tipo di associazione: Marketing – Formazione – Lacerba. Se così sarà, avrò fatto un buon lavoro di Inbound Marketing! 

Ma la cosa più importante che devi ricordarti, e qui chiudiamo con la premessa teorica, è che Outbound e Inbound non si escludono a vicenda e anzi, sono tanto più efficaci quanto più lavorano sinergicamente! Passiamo alla pratica e vediamo come. 

Se ti appassiona il Marketing e vuoi approfondire altri aspetti teorici ti consiglio anche l’articolo del mio collega “LE 4P DEL MARKETING MIX” sempre su questo blog.

L’obiettivo di campagna

L’obiettivo della nostra campagna di Halloween era testare l’Engagement dell’audience di Lacerba e la loro propensione all’acquisto d’impulso. Per questa ragione abbiamo deciso di creare una campagna di Marketing interamente basata sui Social. In questo caso possiamo distinguere la nostra pagina aziendale su Facebook e Instagram come il canale Inbound, mentre le campagne pubblicitarie a pagamento, sugli stessi social, come il canale Outbound.

Il punto d’arrivo della campagna era una flash sale, ovvero uno sconto allettante per un periodo di tempo molto limitato.  Nei giorni che precedevano la flash sale bisognava dunque generare maggiore traffico sui nostri canali social, catturare l’attenzione delle persone e far capire che stava per succedere qualcosa, senza spoilerare nulla. 

Non abbiamo mai detto “Ehi, stai in campana che fra poco scontiamo tutti i corsi”. 

Storyline e contenuto cardine

La creatività principale di Halloween

Visto il video?

Questo era il contenuto cardine con cui abbiamo aperto la campagna. Una creatività abbastanza elaborata e time consuming da produrre, ma è necessario un contenuto fuori dall’ordinario per distinguersi e restare nella mente delle persone.  Lo scopo di questo video era fare awareness, far capire che stava succedendo qualcosa, senza svelare troppo. Una volta realizzato il video l’abbiamo postato sulle nostre pagine, quindi canale Inbound, e atteso un paio di giorni che esaurisse la sua portata organica. 

Il secondo step è stato riprendere lo stesso post e farne un contenuto sponsorizzato, canale Outbound, da far girare con una frequenza abbastanza alta su un’audience che comprendeva tutte le persone che conoscevano già Lacerba e la tipologia di prodotti che vende. 

Ecco dove entra in gioco la sinergia tra Inbound e Outbound Marketing! In una strategia del genere, basata sulla viralità del contenuto, non potevamo lasciare le cose al caso, o meglio, all’algoritmo di Facebook. Dovevamo essere certi che il maggior numero di persone nel nostro target vedesse il contenuto.  Inoltre, piccola nota tecnica di Facebook Ads, se un contenuto ha già girato molto bene a livello organico è facile che venga premiato maggiormente da Facebook quando verrà sponsorizzato. 

La storia deve proseguire

Social Media Strategy
La storia deve continuare

La tua strategia è partita, hai destato l’interesse nelle persone che ti seguono, ma non puoi permetterti di lasciare la cosa a se stessa. La devi curare, produrre altri contenuti e mantenere alta l’attenzione, altrimenti ti dimenticheranno.  Nel nostro caso la storyline era tanto assurda quanto semplice: una zucca malefica infesta i nostri studios e nella notte, quando il nostro collega chiude l’ufficio nel video che hai visto prima, prende il controllo di Lacerba. 

A questo punto era libero spazio alla creatività: ci siamo divertiti a giocare sul nonsense e tutti i membri del team hanno contribuito a realizzare dei post capaci di strappare un sorriso alle persone che ci seguivano. Anche in questo caso i post che avevano avuto maggiore successo in Inbound venivano ripresi nelle sponsorizzate per fare retargeting su chi aveva visto il video iniziale. 

Il Chatbot: un elemento chiave della strategia

Manca ancora un elemento, l’Engagement, che come ti dicevo all’inizio era una delle colonne portanti della nostra strategia. 

Per questa campagna ci siamo affidati ad un Facebook Messenger Chatbot: ogni post della zucca aveva infatti una CTA: “commenta con l’emoticon della zucca per restare aggiornato sul mio piano malefico” e quando la persona commentava con l’emoticon iniziava automaticamente una conversazione con il nostro Chatbot sulla pagina Facebook di Lacerba. 

La funzione del Chatbot era quella di aggiornare l’utente e farlo sentire parte di un gruppo elitario. Iniziando una conversazione con la Zucca, infatti, si prendeva parte ad una cerchia ristretta che aveva accesso a più informazioni su cosa stava succedendo, rispetto al resto del pubblico.

Il Chatbot è stato un elemento importante: quando la tua campagna di Marketing è interamente basata sui social è fondamentale tenere le persone il più possibile sul quel canale e farle interagire affinché  l’algoritmo riconosca il valore dei tuoi contenuti e li premi, aumentandone la visibilità. 

Un’immagine coordinata

Un’immagine coordinata aiuta la tua narrativa e serve a far sì che la sinergia tra Outbound e Inbound funzioni al meglio. Per tutto il periodo della promozione Lacerba ha subito dei cambiamenti, nella grafica del sito, nelle mail inviate, nell’immagine profilo dei canali social…ecc. Benché la storia era assurda doveva sembrare vera perché funzionasse davvero: Lacerba non era più la scuola online come la conosciamo noi e i nostri utenti. Era diventata una creatura della Zucca malefica. 

Flash Sale – La fine della Promozione

Inbound e Outbound Marketing
Uno degli ultimi post della promozione.

Il 31 di ottobre, la Zucca “ha hackerato” i sistemi di Lacerba e per alcune ore tutti i nostri corsi sono stati in sconto del 50%, prima che riuscissimo a riprendere il controllo dei nostri studios e scacciare lo spirito maligno. Quel giorno abbiamo battuto il record di utenti attivi sul nostro sito e di fatturato, in 24h, solo per poi batterlo nuovamente qualche mese dopo con un’altra promozione. Sperimentando si impara. 

Marketing Strategy success
Questo contenuto non è sponsorizzato da Birra Moretti 🙂

Durante la flash sale l’intero team è stato impegnato nell’assistenza al cliente, sempre impersonando la Zucca: una settimana impegnativa che si è conclusa con un giorno di fuoco, ma abbiamo imparato molto, ha funzionato e soprattutto, ci siamo divertiti. 

I corsi che ti consigliamo

Avere una visione completa su Digital Marketing non è semplice. Se desideri sviluppare un approccio che sia davvero strategico scopri il nostro Executive Master in Digital Marketing Strategy, certificato a livello universitario e applica per una delle borse di studio a disposizione.

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8 Giugno 2020 0 commenti
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Fare carriera nel digitale

Meglio Marketing Specialist o Marketing Strategist?

by Edoardo Montesano 13 Maggio 2020
by Edoardo Montesano

Chi sono e cosa fanno i Marketing Specialist e i Marketing Strategist e qual è il loro ruolo in azienda.

Non è semplice affrontare un argomento che appare chiaro sulla carta, ma che presenta nella realtà di tante aziende diverse sfumature e interpretazioni pratiche. Ho deciso quindi che l’approccio migliore potesse essere quello di descriverti non solo chi dovrebbero essere i Marketing Specialist e chi invece i Marketing Strategist, ma anche di “calarti” nella realtà di Lacerba per dartene una visione più concreta. Questo spero ti aiuterà a comprendere meglio se e quale di queste strade possa rappresentare per te una valida opzione di carriera.

Ecco dunque il filo logico con cui procederemo, e ricordati, se questo contenuto ti sarà utile fammelo sapere con un like o, meglio ancora, un commento. 

  • Chi sono il Marketing Specialist e il Marketing Strategist?
  • Dove è più funzionale una figura piuttosto che l’altra?
  • Come lavora il Marketing a Lacerba
  • Il Team Marketing di Lacerba
  • Conclusioni e cosa ti consigliamo

Chi sono il Marketing Specialist e il Marketing Strategist?

I Marketing Specialist, come i SEO specialist, i SEM expert o il Social Media analyst sono figure altamente verticalizzate su un ambito molto specifico del marketing. Lavorano spesso a stretto contatto con i dati e sono specializzati nel prendere decisioni operative legate al loro ambito di competenza. Durante la loro carriera, oltre ad aggiornarsi continuamente sul canale presidiato, accumulano l’esperienza e la “malizia” che li rendono in grado di ottimizzare sempre meglio il proprio lavoro specifico.

Il Marketing Strategist di contro è una figura che riunisce più competenze diverse: in questo ambito si parla spesso di formazione a T, ovvero quei Marketers che possiedono una buona esperienza su una o due aree specifiche, ma che abbinano a questo delle nozioni più generali su differenti aspetti. Questa caratteristica li rende in grado di avere una visione strategica a 360°, coordinando e integrando i diversi canali. Ovviamente, il fatto di non focalizzarsi su specifiche aree li rende tecnicamente meno forti dei singoli specialist nelle loro materie, ma dall’altro lato della medaglia, conferisce loro una maggiore capacità di comprensione del perché, oltre del come, manovrare le leve a propria disposizione. In generale il Marketing Strategist, in aziende particolarmente strutturate, riveste quindi una funzione di coordinamento del team ed è responsabile per la messa in atto, il monitoraggio e l’analisi dell’intera strategia di Marketing.
Ma questa non è l’unica applicazione di questo ruolo, come vedremo tra poco. 

Dov’è più funzionale una figura piuttosto che l’altra?

La transizione da Marketing tradizionale a Digital Marketing in tutte le sue sottobranche ha portato inizialmente ad un’estrema specializzazione dei ruoli. In questo contesto i Marketing Specialist sono diventati figure essenziali e altamente ricercate principalmente nell’ambito consulenziale, dove, grazie alle loro competenze altamente verticali, riescono a venire incontro alle richieste specifiche del cliente. 

Il Marketing Strategist trova anch’esso spazio nel mondo della consulenza e non solo, come figura dirigenziale, ma specie nel panorama italiano che è costituito principalmente di piccole e medie imprese, costituisce una bellissima opzione di carriera per tutte quelle persone che vogliono lavorare anche a stretto contatto con il prodotto.

Non è infatti inusuale che in molte aziende questa figura ricopra, piuttosto che il ruolo di coordinatore, quello di One Band Man: molte imprese infatti non possono permettersi di sostenere i costi di un intero team di Specialist o di pagare un’agenzia di consulenza e preferiscono dunque assumere una figura strategica, che abbia una visione più ampia e che sia in grado di seguire tutti gli aspetti della strategia di Marketing di un business. Questo non permetterà loro di presidiare al massimo tutti i singoli canali, ma d’altro canto:

  • Renderà l’azienda in grado di testare più strade di vendita per trovare quella ottimale.
  • In caso di crescita, getterà le basi di un futuro team dedicato, dove gli specialist verranno selezionati in risposta a ciò che è stato dimostrato possa davvero essere utile all’azienda.

Ma veniamo a un caso reale. Come sai lavoro per Lacerba, una Startup innovativa. Nel resto di questo articolo ti racconterò di come organizziamo il nostro lavoro all’interno del team Marketing, quali sono i nostri ruoli e le competenze che abbiamo.  Ovviamente l’esperienza che ti riporto è relativa a una realtà piccola e dinamica. Se il tuo obiettivo è quello di diventare Marketing Specialist o Strategist per affacciarti al mondo della consulenza o di grandi aziende strutturate, mi sembra giusto avvertirti che non troverai input diretti in questo senso. Ti invito però a proseguire comunque nella lettura, per capire un punto di vista differente. 

Se invece ti affascina lavorare a stretto contatto con il prodotto e seguirlo lungo tutto il suo ciclo di vita, allora a maggior ragione…seguimi! 

Come lavora il Marketing a Lacerba

Alla base di come impostiamo il nostro lavoro a Lacerba ci sono due elementi fondamentali: 

Il primo è una strategia generale condivisa, che non riguarda solamente il team marketing, ma tutti i membri dell’organizzazione, dai programmatori fino al videomaker. Questa è la conditio sine qua non per poter integrare delle figure strategiche nel team.  Chiunque a Lacerba ha accesso all’Admin della piattaforma, attraverso cui può visionare tutti i KPI che per noi sono più importanti, come il numero di nuovi iscritti, i top corsi per iscrizioni, la percentuale di completamento delle lezioni o il fatturato generato.  Come se non bastasse tutti i membri del team ricevono una notifica email ogni volta che viene effettuato un nuovo acquisto. 

Questo approccio serve a far sì che ogni membro del team abbia il polso della situazione: se stiamo affrontando un momento difficile, può e deve essere consapevole della situazione. Se, al contrario, le cose vanno bene, ne siamo tutti egualmente responsabili e si esulta insieme. 

La Dashboard da Admin di Lacerba

Il secondo elemento è una gerarchia orizzontale in cui tutti partecipano al lavoro di tutti, aiutandosi a vicenda, ma al contempo ognuno è responsabile, o “Owner”, di una specifica area. Questa tipologia di organizzazione del lavoro snellisce i processi e il decision making e ha una funzione di empowerment per i membri del team, che vivono il proprio lavoro come un loro progetto personale in cui ingaggiarsi. 

Se ti interessa scoprire anche come viene messo in atto tutto il comparto strategico di Lacerba ti consiglio anche di leggere l’articolo del mio collega STARTUPSERIES 2 Le 4P del Marketing Mix di Lacerba.

Il Team Marketing di Lacerba

Il nostro team marketing si compone al momento di tre elementi full-time, che ricalcano appunto le caratteristiche del Digital Marketing Strategist: ci approcciamo al lavoro con un mindset aperto e adattivo, sappiamo mettere le mani su tutti gli aspetti fondamentali del marketing, ma nel tempo ci siamo progressivamente verticalizzati su determinati aspetti, quelli che rispecchiano meglio le nostre inclinazioni, talenti e in cui in ultima analisi performiamo meglio. 

Alex

Outbound Marketing Strategist

È stato il primo marketer ad entrare in Lacerba e durante gli early days della nostra azienda ricopriva proprio quel ruolo One Band Strategist di cui ti parlavo prima. Ad oggi si occupa principalmente di tutta la parte che concerne l’Outbound Marketing, ma non solo. A Lacerba è responsabile dell’implementazione di funnel strategici, cura le nostre campagne pubblicitarie sui canali social, ha ottimizzato il processo di assistenza agli studenti e gestisce tutta la parte di Email Marketing Automation. 

Edo 

Inbound Marketing Strategist

Sono stato il secondo ad entrare nel team marketing di Lacerba per affiancare Alex. Ho iniziato da dove partono molti marketers: produzione di contenuti e copy. Ad oggi sono responsabile di tutto ciò che concerne l’Inbound Marketing: dal Tone of Voice di Lacerba, alla produzione di contenuti sui nostri principali canali, come il blog su cui ti trovi ora, i profili social e il canale YouTube, fino all’analisi e scrittura SEO per le Landing page del sito. Inoltre curo tutta la parte di Direct Email Marketing, come newsletter e le email commerciali. 

Marco

Performance Marketing Strategist

Terzo in ordine cronologico è arrivato per supplire alle principali lacune mie e di Alex, con la sua confidenza con strumenti quali WordPress, Bootstrap e Adobe Illustrator. Ad oggi è responsabile di tutta la parte tecnica del nostro blog e nello specifico segue il nostro Executive Master in Digital Marketing Strategy, accompagnando l’utente lungo tutto il suo Customer Journey. Dopo che avete cliccato una Ad di Lacerba o un link sulla nostra pagina social, siete nelle sue mani. 

La suddivisione di queste ownership non comporta però, come ti dicevo prima, che ognuno lavora blindato solo sugli aspetti che lo riguardano in prima battuta. All’occorrenza siamo tutti in grado di scambiarci i ruoli e non è inusuale che Alex mandi una Dem al posto mio, io prenda una call dell’Executive Master e che Marco si occupi di una campagna Facebook al posto di Alex. Ci aiutiamo e ci interpoliamo a vicenda, ma quando ci muoviamo nell’ambito di responsabilità del collega seguiamo le linee guida che egli ha tracciato. 

Conclusioni e cosa ti consigliamo

Spero che questo articolo possa esserti stato d’aiuto per avere una visione più chiara di chi sono e cosa fanno il Marketing Specialist e il Marketing Strategist. Ovviamente queste definizioni sono molto sulla carta e conosco Marketing Specialist che hanno una visione estremamente strategica, come Marketing Strategist che invece sono molto focalizzati su un solo aspetto. 

Nell’articolo mi sono concentrati principalmente sulla figura del Digital Strategist perché è quella che più mi appartiene ed è l’approccio in cui crediamo a Lacerba.  Se ti interessi di Marketing e magari ambisci a lavorare o specializzarti in questo settore visita la pagina del nostro Master universitario per diventare Digital Marketing Strategist e richiedi maggiori informazioni, ti risponderà Marco, o io, o Alex. 🙂

13 Maggio 2020 0 commenti
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